Nel terzo millenio una parte importante della vita di relazione dei più giovani è divenuta digitale. I ragazzi non hanno più bisogno di ammassarsi in una cameretta per parlare, scambiare opinioni, dirsi segreti e flirtare. Oggi hanno a disposizione molteplici ambienti tecnologici per frequentarsi spesso all'oscuro dei genitori che non hanno idea di cosa (nel bene e nel male) possa fare un adolescente con un computer o un telefonino.
Esistono, però, mamme e babbi digitali che con umiltà e spirito pionieristico non si nascondono dietro al solito "ai nostri tempi i giovani avevano vite più sane", ma si sforzano di conoscere e capire il mondo fatto di bit abitato dai loro figli.
Per esempio, sono sempre più i genitori che si aprono un account su Facebook e si connettono ai loro figli. L'obiettivo è chiaro: cercano di sapere chi sono gli amici dei loro ragazzi, cosa si dicono fra loro, quali sono i luoghi che dicono di frequentare, come sono le foto scattate durante le loro feste e i video delle gite scolastiche.
Una recente ricerca condotta negli USA afferma che il 48% dei genitori è amico dei suoi figli su Facebook.
Attenzione però, non fatevi l'illusione di sapere tutto sulle vite dei vostri figli attraverso Facebook, infatti grazie ai raffinatissimi settaggi per la privacy offerti sarà molto semplice per i vostri piccoli fare in modo che voi vediate solo quello che loro desiderano...
Fra le mamme e i babbi americani sembrerebbe esserci anche incertezza su quale sia l'età giusta per registrarsi a un social network: la maggioranza dice intorno ai 16 anni, ma c'è un 8% di genitori che dice che anche 8 anni vanno bene.
Chiudo con un po' di domande:
E' giusto spiare i nostri figli mentre si relazionano ad altri (poco importa se on o off line)?
Qual'è il limite fra giusto controllo e intrusione nelle loro vite?
Frugare nei loro spazi digitali non è come spiare il loro diario?
Se voglio dei figli autonomi e indipendenti nella vita "reale" perchè non li devo volere tali anche sulla Rete?
In tempi differenti, i miei genitori non erano miei "amici", non sapevano affatto dove mi trovavo in ogni minuto, avevamo una certa libertà. Michael Chabon (non io), autore di un recente magnifico libro sulla paternità, in una intervista sabato su Repubblica ha dichiarato che "i bambini di oggi, rispetto alle generazioni precedenti, hanno perso molta libertà. Colpa anche del capitalismo che tratta l'infanzia come merce". Ecco io credo che "l'assassino", per usare un'idea da giallo, vada cercato proprio in questa direzione. E in quanto noi genitori sarem(m)o capaci di sfuggire o meno questa sirena, consumistica e retrograda a un tempo. Io mi interrogo su questo ogni giorno...
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